Gruppo Mani Tese di Roma - roma@manitese.it

giovedì 1 ottobre 2009

Il blog trasloca!

Il blog di Mani Tese Roma cambia casa: ci trasferiamo sul nuovo sito ufficiale di mani Tese, che ha ora uno spazio dedicato a noi!

Ecco il nostro nuovo indirizzo:

http://www.manitese.it/roma/

venerdì 12 giugno 2009

CASCA IL MONDO…TUTTI GIU’ PER TERRA? - Teatro e partecip-azione

Il Gruppo Mani Tese di Roma, ATTAC Roma e La Città dell’Utopia

presentano

CASCA IL MONDO…TUTTI GIU’ PER TERRA?
Una serata di teatro e partecip-azione

18 giugno 2009 - ore 19.30
La Città dell’Utopia
Via Valeriano 3F
(Metro San Paolo)


CRISI FINANZIARIA? CRISI ECONOMICA?
CRISI ALIMENTARE?
ESISTE UNA VIA D’USCITA?

Sperimentiamo insieme le diverse possibili soluzioni giocando con il teatro. Attori e pubblico si confronteranno fino a confondere i propri ruoli: gli spettatori faranno sentire la propria voce intervenendo sulla scena e trasformandosi in spett-attori.
La serata proseguirà con un aperitivo a sottoscrizione…

Vi aspettiamo!!!!




Per qualsiasi informazione:
Valentina Puglisi
Mani Tese Roma
329 4147353

venerdì 15 maggio 2009

Nuovo appuntamento con il mercatino dell'usato!

Domani sabato 16 maggio, e domenica 17, torna il mercatino dell'usato di Mani Tese!
Dalle 9 alle 19 in Piazzale Flaminio troverete una ricca selezione di abbigliamento primavera-estate presentata dai volontari manitesini!
Il ricavato ci aiuterà a sostenere il progetto in Bolivia e ad organizzare il nostro campo estivo di studio e lavoro. Vi aspettiamo!

martedì 12 maggio 2009

Torna il campo di Roma!

http://farm4.static.flickr.com/3237/2754519454_281259f717.jpg
Dopo il successo dell'anno scorso, torna anche quest'anno il campo di Roma!
Dal 27 luglio al 4 agosto raccoglieremo materiale usato da rivendere nella nostra tenda dell'usato (nella foto la tenda dell'anno scorso, a Piazza Risorgimento).

La parte di studio del campo proseguirà la riflessione iniziata con i tre incontri del Percorso Terra; nel contesto della crisi economica, finanziaria e alimentare ripartiamo dalla risorsa terra: confronto tra modelli agricoli, la finanza che non porta sviluppo, terra e territorio.

per informazioni: roma@manitese.it - referente Valentina
Il campo sostiene il progetto 2164 in Bolivia

Campi estivi!

campiMT


Mancano due mesi all’inizio dei campi di studio e lavoro... è quindi il momento di presentarvi date, luoghi e argomenti dei campi di quest'anno:


Gorgonzola (MI)

Non siamo noi razzisti, sono loro che….

18 Luglio >>26 Luglio


Finale Emilia (MO)

Scariolanti cercasi: dalle società di mutuo soccorso all’economia solidale

1 Agosto>>9 Agosto


Vicchio di Mugello (FI)

Metti in crisi la crisi

20 Agosto>> 30 Agosto


Roma

Casca il mondo...tutti giù per terra?

27 Luglio>> 4 Agosto


Verbania

Siamo tutti squilibrati

4 Agosto>> 18 Agosto


Faenza (RA)

Ma che “razza” di discorsi sono?

21 Agosto>>30 Agosto


Bulciago (LC)

Campo di permanenza temporanea, Storie di muri e migrazioni

31 Luglio>>10 Agosto


Rivoltella (BS)

Altri stili, altre menti, altrimenti…..

8 Agosto>> 16 Agosto


PER LE FAMIGLIE

Vicenza

16 Agosto>> 23 Agosto

Vicchio di Mugello (FI)

23 Agosto>> 30 Agosto



Durante i campi si raccoglie materiale usato ma ancora in buone condizioni, da rivendere in un mercatino dell'usato, ospitato generalmente in una tenda in una piazza centrale della città.
Il ricavato andrà a sostenere economicamente un progetto di Mani Tese in Asia, in Africa o in America Latina.

Inoltre ogni campo individua un argomento da approfondire, dibattere e presentare all'opinione pubblica con l'aiuto di esperti sul tema.

In molti Paesi, dal Brasile alla Cambogia al Burkina Faso, Mani Tese realizza progetti di cooperazione in cui sono protagoniste le comunità locali. In Italia, invita i giovani ad essere protagonisti del proprio ruolo nell'attuale modello economico, e a interrogarsi sulle conseguenze dell' espansione illimitata dei consumi.

ISTRUZIONI PER L'USO:
• ai campi possono partecipare tutti i ragazzi dai 18 ai 30 anni
• per iscriversi è necessario compilare la scheda di pre iscrizione: le iscrizioni si chiudono 15 giorni prima dell’inizio de campo scelto
• la quota di partecipazione a copertura delle spese generali di gestione del campo e di assicurazione è di 50 euro e servirà per formalizzare l’iscrizione
• i partecipanti sono coperti da assicurazione infortuni e verso terzi per tutta la durata del campo
• le spese di viaggio sono a carico dei partecipanti

per informazioni:
Campi estivi 2009
Dove e quando
Scheda di iscrizione



mercoledì 8 aprile 2009

Terzo incontro: CASCA IL MONDO...TUTTI GIU’ PER TERRA?

Terra è libertà. Appartenenza e inclusione territoriale.
1 APRILE 2009
Relatore: Aldo Zanchetta (Fondazione Neno Zanchetta)

Dopo aver guardato alla terra come fattore di produzione (incontro del 17 marzo 2009: Il cibo che non sfama: scarsità o ingiustizia? Chi ingrassa con la crisi alimentare) e alla terra come spazio fisico sul quale insistono modelli di sviluppo aggressivi e fallimentari (incontro del 24 marzo 2009: Crescita a quale costo? La finanza che non porta sviluppo), consideriamo oggi la terra in una prospettiva diversa: la terra come territorio. Un tentativo, il nostro, di superare la concezione “strumentale” della risorsa per riflettere sulle complesse relazioni che ci legano ai luoghi nei quali viviamo.
L’uomo si sta rendendo responsabile della creazione di rischi globali di portata più che drammatica. La crisi economica e quella ambientale, due facce della stessa medaglia, sembrerebbero porre in maniera non più rimandabile la questione della limitatezza e della salvaguardia delle risorse del pianeta, eppure l’euforia produttiva e consumistica non frena la sua folle corsa. Prendendo in prestito ad un’ecologista inglese questa suggestiva immagine, si potrebbe pensare alla terra come ad una capsula spaziale, con i suoi abitanti, le sue riserve di cibo, acqua, il problema dello smaltimento dei rifiuti: è evidente che le risorse devono essere gestite in modo razionale, tutelate e non sovrasfruttate. Il bacino acquifero Guaranì, la terza maggiore riserva di acqua dolce del mondo, inizia a presentare problemi di inquinamento, in alcune zone del mondo gli uomini e le donne si riproducono con sempre maggiore difficoltà, abbiamo costruito armi atomiche in grado di sterminare 50 volte l’umanità intera, le radiazioni nucleari sono causa di malformazioni e morte in molti luoghi del pianeta…in questo contesto, non è solo una provocazione domandarsi se gli esseri umani stiano andando incontro all’autodistruzione. Se l’uomo scomparisse dalla faccia della terra? E se ciò accadesse nei prossimi 100 anni?
Trovarci oggi sull’orlo del baratro rappresenta forse un’opportunità unica e straordinaria di cambiamento radicale: dovremmo mettere in discussione la nostra stessa mentalità, il modo di concepire la nostra presenza sul pianeta. L’economia e l’industria nella fattispecie, che dovrebbero contribuire a migliorare la qualità della vita in quanto “sistemi” creati dall’uomo, hanno finito per prendere il sopravvento: siamo asserviti alla tecnologia e la nostra vita è strutturata in base all’industria e all’economia. Il sistema industriale è intrinsecamente gerarchico, impone decisioni che calano dall’alto, richiede, per funzionare, la militarizzazione della società. Nell’aver aderito a questo sistema economico risiede l’errore non solo della società capitalistica ma anche del socialismo reale. Il filosofo Ivan Illich già smascherava l’assurdità di tutto ciò negli anni ’70, quando calcolava che, considerando le ore perse nel traffico, le ore lavorate per pagare le rate, la benzina, l’assicurazione, circa 1/3 della nostra vita la dedichiamo, inconsapevoli, al mantenimento della nostra automobile: da questo punto di vista, è lei, la “macchina” (in senso letterale e metaforico) ad aver preso il controllo.
Quali soluzioni dunque? Tutti accolgono con entusiasmo le ricette del neoletto Presidente USA Obama improntate alla cosiddetta economia verde, nella speranza che “l’ecocapitalismo” salverà il mondo dalla rovina: in realtà, il cuore del problema rimane inalterato, la prospettiva, la “lente” attraverso la quale guardiamo il mondo non è cambiata. L’idea diffusa che sia impossibile oggi tornare indietro, che il cammino intrapreso sia irreversibile, è forse una trappola mentale, un condizionamento talmente forte che per liberarcene siamo chiamati ad un enorme sforzo di autocritica, tale da permetterci di “toglierci gli occhiali”. E’ il processo che Serge Latouche chiama “decolonizzazione dell’immaginario”.
Eppure, il rischio che si corre è quello di limitarsi a “cambiare il colore delle lenti” e sostituire il vecchio modello con uno nuovo, una nuova ricetta unica alla quale uniformarsi. Ed ecco allora che l’unica vera rivoluzione consiste nel passare dalla ricerca di una alternativa possibile alla rivalutazione e riscoperta della miriade di alternative possibili, già esistenti e vitali e in continuo cambiamento, espressione della simbiosi ogni volta unica e irripetibile tra natura e cultura che si verifica a livello locale. La soluzione è lì: nel territorio, nei territori. Ripartire dal territorio significa riscoprirne i valori: il senso del tempo, dei ritmi della natura; il recupero di una cultura della diversità anziché dell’omologazione; la possibilità di ristabilire delle relazioni umane reali, non strumentali; il senso della misura, del limite.
Non ci resta allora che rimboccarci le maniche per andare al di là delle parole (“se potessi mangiare un’idea, avrei fatto la mia rivoluzione…”, cantava Gaber), per tradurle in esperienza di vita quotidiana. Esperienze di questo tipo esistono, esiste ad esempio la “Città dell’Utopia”, un Casale rurale miracolosamente salvato dalle speculazioni edilizie della zona della Basilica di San Paolo e oggi gestito dallo SCI (Servizio Civile Internazionale): uno spazio vissuto e fatto vivere dal quartiere, secondo i principi della solidarietà e della condivisione. I cittadini organizzano corsi, momenti di incontro per altri cittadini. Contribuire ad animare questo spazio potrebbe significare per noi passare dalla teoria alla pratica, dalla riflessione all’azione. Sembrava la fine di un ciclo di incontri, ma forse è soltanto l’inizio di un percorso diverso…

*Valentina*

domenica 5 aprile 2009

Secondo incontro: CASCA IL MONDO...TUTTI GIU’ PER TERRA?

Crescita a quale costo? La finanza che non porta sviluppo
24 MARZO 2009
Relatori: Andrea Baranes (Campagna per la Riforma della Banca Mondiale/ATTAC Italia);
Elena Gerebizza (Campagna per la Riforma della Banca Mondiale);
Marco Bersani (ATTAC Italia).

Ci incontriamo oggi per la seconda volta nell’ambito del ciclo di seminari organizzati dai gruppi romani di Mani Tese e ATTAC sul tema della risorsa “terra”.
Il primo incontro è stato dedicato alla terra come fattore di produzione: nella ricerca delle cause della crisi alimentare globale si è giunti al confronto tra due modelli agricoli profondamente differenti e incompatibili, l’agribusiness e l’agricoltura orientata all’export da una parte e l’agricoltura di sussistenza in un’ottica di raggiungimento della sovranità alimentare dall’altra.
L’utilizzo della terra da parte degli esseri umani, quindi, lungi dall’essere qualcosa di “naturale”, è sempre un atto intrinsecamente “politico” e presuppone la scelta, anche se a volte obbligata a volte quasi inconsapevole, di un modello di sviluppo preciso.
In particolare, Andrea Baranes decide di affrontare una questione assolutamente centrale: la finanziarizzazione dell’economia, che caratterizza il modello dominante attualmente. A partire dagli anni ’70, infatti, è diventato sempre più profittevole investire nella finanza piuttosto che nell’economia reale, e si è avviato un processo di spostamento dei redditi dal lavoro al capitale, che in Italia ad esempio è stato particolarmente evidente (8 punti percentuali di PIL, circa 120 miliardi, dagli inizi degli anni ’90 ad oggi). Ciò fa sì che si ponga un lampante problema di ingiustizia redistributiva: se “i soldi si fanno con i soldi”, chi è ricco diventa sempre più ricco mentre chi è povero affonda sempre di più nelle pastoie della povertà. La falsa soluzione è allora, per assurdo, il ricorso all’indebitamento: l’esplosione della finanza diventa così al tempo stesso causa e conseguenza della crisi. Mentre in un Paese come l’Italia ad aumentare è stato soprattutto il debito pubblico, negli Stati Uniti il debito è principalmente dei privati, delle famiglie. Un debito, quello USA, pari ad una volta e mezzo il PIL, che tradotto significa “spendere oggi quello che guadagnerò tra un anno e mezzo”, ovvero vivere ben al di sopra delle proprie possibilità. La crisi dei mutui subprime, concessi ai clienti definiti in gergo finanziario NINJA (No Income No Job No Assets) incapaci di fornire qualsivoglia garanzia, rappresenta quindi la punta dell’iceberg, la degenerazione di un sistema profondamente malato, che già porta in sé i germi della crisi.
La finanza oltre ad espandersi verticalmente è cresciuta orizzontalmente, fino ad invadere e pervadere il campo dei diritti e dei beni comuni: pensiamo all’acqua, ai Fondi Pensioni in mano ai mercati, alle società finanziarie specializzate che stanno iniziando, soprattutto in Asia, ad acquistare il diritto a produrre un determinato prodotto agricolo, salvo poi riservarsi la possibilità di non produrre in base all’andamento dei mercati, o nella volontà di influenzare i mercati stessi.
Abbiamo iniziato parlando di finanziariazzazione dell’economia ma appare chiaro che questo sia solo una parte del problema: a subire il processo di finanziarizzazione è, oggi, la vita stessa.

Da un certo punto di vista, la crisi attuale è così profonda perché è difficile oggi tracciare confini netti tra l’economia reale e l’economia finanziaria. Lo stesso fenomeno dello spostamento dei redditi dal lavoro al capitale trova la sua causa ultima nel ricorso all’indebitamento da parte della popolazione: se il salario, diretto o indiretto (cioè i servizi), non è più sufficiente ecco allora apparire i fondi pensione e la possibilità di indebitarsi per qualsiasi cosa. E’ nell’economia reale, quindi, che nascono le premesse per la finanziarizzazione dell’economia.
E’ questa la posizione di Marco Bersani, che mette in discussione radicale il modello neo-liberista che è all’origine della crisi. Dobbiamo sovvertire lo spazio-tempo liberista, in cui la dimensione spaziale è illimitata (tutto il mondo è mercato) e l’orizzonte temporale è rappresentato dall’indice di borsa di domani, per ricentrarci sullo spazio locale ma nei tempi necessariamente lunghi della tutela dei beni comuni. Ed eccoci quindi arrivati al cuore del problema: il mondo oggi è diviso in due, da una parte i poveri, che sono talmente poveri da non essere in grado di consumare, e dall’altra i ricchi, il cui mercato è però in via di saturazione. La nuova frontiera del liberismo è quindi la mercificazione dei beni comuni: strategia di mercato macabramente geniale e di sicuro successo, dal momento che dei beni comuni abbiamo tutti bisogno per vivere e non occorre “convincerci” a consumare e comprare attraverso dispendiose campagne pubblicitarie. La nostra vita è diventata il mercato. Eppure proprio la profondità della crisi può tradursi in un’opportunità di cambiamento, se attraverso un processo partecipato e condiviso concentriamo la riflessione sui beni comuni, innanzitutto quelli naturali, riconducibili ai quattro elementi di memoria pre-socratica: aria, acqua, terra e fuoco, ovvero in termini moderni aria, acqua, territorio/mobilità ed energia. I beni comuni naturali e sociali (salute, abitazione, istruzione, previdenza e sicurezza sociale, comunicazione, conoscenza, cultura) devono essere sottratti al mercato, andando oltre il binomio proprietà pubblica/proprietà privata e introducendo la fondamentale categoria di proprietà sociale. Ciò significa lavorare insieme per costruire un modello diverso in cui la gestione dei beni comuni sia affidata al pubblico, ma la loro proprietà resti di tutti. Anche se viviamo uno vicino all’altro, in una grande città come in un piccolo paese, senza beni comuni siamo individui singoli e separati. I beni comuni sono il collante stesso della società, sono ciò che ci rende una comunità. Nel passaggio quindi da una fase di consumo critico ad una fase di produzione critica, ancora una volta la questione fondo è di natura politica: una questione di partecipazione, di condivisione, in ultima analisi, di democrazia.

A questo punto sorge quasi spontaneo chiedersi quale sia il ruolo giocato in questo contesto dalla comunità internazionale e dalle Istituzioni Finanziarie Internazionali in particolare.
Elena Gerebizza si concentra soprattutto sulla Banca Mondiale (BM), la principale banca multilaterale del mondo, con un budget di circa 40 miliardi di dollari. La BM è un’istituzione pubblica, al cui tavolo siedono quindi i governi dei paesi membri, che concede prestiti tanto al settore pubblico (ovvero ai governi dei paesi poveri o emergenti) quanto al settore privato (grandi corporations multinazionali soprattutto). Nel primo caso i tassi d’interesse applicati sono molto bassi, a volte i prestiti sono a fondo perduto, e proprio per questo storicamente i paesi più poveri in assoluto, come quelli africani, sono sempre stati i più dipendenti dall’aiuto della banca.
Nella realtà dei fatti, il ruolo della BM va ben al di là della concessione di prestiti ai governi dei paesi in difficoltà. Pensiamo ad esempio al ruolo di “catalizzatore degli investimenti” che la BM inevitabilmente svolge: concedendo un prestito ad un paese, la banca lancia un segnale positivo di fiducia agli altri prestatori (pubblici o privati) riguardo all’affidabilità di quel paese. Da non sottovalutare è infine il ruolo di policy advisor che la banca ha sempre svolto e continua a svolgere: una funzione di “consulenza” ai governi riguardo alle politiche da adottare per innescare lo sviluppo.
Nonostante la banca sia un’istituzione enorme, che può contare su migliaia di dipendenti, alla prova dei fatti la scelta finale è sempre caduta sulla ricetta unica, prefabbricata e dogmatica secondo cui la crescita porta sviluppo (secondo la teoria del trickle down, ovvero dello “sgocciolamento”: i benefici della crescita, prima o poi, raggiungeranno tutte le fasce della popolazione). Ciò ha significato trascurare la questione della distribuzione del reddito, con la conseguenza che i paesi che hanno seguito pedissequamente le prescrizioni della banca sono oggi i più vulnerabili, caratterizzati da una sperequazione dei redditi (ovvero la forbice tra ricchi e poveri) in costante aumento. Il paradigma di sviluppo fatto proprio dalla BM negli ultimi 25 anni, inoltre, è basato sulle infrastrutture, soprattutto nel settore energetico (costruzione di oleodotti, gasdotti, grandi dighe): un modello orientato all’export e foriero di impatti negativi sul territorio, tanto a livello ambientale quanto sociale. Da sempre la banca considera il coinvolgimento del settore privato come un pilastro imprescindibile per lo sviluppo dei paesi del Sud del mondo, continuando a sostenere lo strumento delle partnership pubblico-privato, che si sono invece rivelate un fallimento tanto nel Nord quanto nel Sud, ad esempio nella gestione di un bene comune come l’acqua o nella fornitura di elettricità. I soggetti privati non avranno interesse ad effettuare investimenti non remunerativi anche se utili alla comunità, come la costruzione di nuove infrastrutture o il collegamento alla rete di famiglie e popolazioni che vivono isolate, lontano dai centri abitati.
A tutto ciò si aggiunge il ruolo di primo piano che la banca si sta ritagliando nella lotta al cambiamento climatico: il G20 di Londra probabilmente si concluderà con un impegno dei 20 grandi della terra ad aumentare la propria quota per la banca, nell’obiettivo primario di affrontare in questa sede la questione “clima”, nonostante la banca sia il principale finanziatore di mega-progetti nel settore estrattivo e delle grandi dighe (considerati come investimenti nelle energie rinnovabili). La BM gestisce dei fondi fiduciari, finanziati dai grandi del pianeta, il cui obiettivo dichiarato è tutelare i deboli paesi del Sud dal punto di vista ambientale: in realtà, gli impatti negativi di questa politica si stanno già rivelando in tutta la loro drammaticità. Nel mercato dei crediti di carbonio, ad esempio, rientrano anche le foreste: ciò significa che un paese può vendere parti di foresta a soggetti privati, il cui compito dovrebbe essere quello di salvaguardarle. Tuttavia, in questi territori spesso vivono comunità indigene, del tutto escluse dal processo decisionale e costrette ad abbandonare la propria terra. Tutto ciò, mentre in sede ONU procede a fatica il farraginoso processo per la creazione di un Fondo multilaterale specificatamente rivolto ad affrontare le questioni ambientali.
In conclusione, appare chiaro come non si possa prescindere oggi da una riforma radicale di questa istituzione, mettendone in discussione le politiche e il paradigma di sviluppo che ne è alla base. Forse, una soluzione possibile sarebbe far rientrare la banca nel suo mandato originario: una banca internazionale che fornisce prestiti ai paesi in difficoltà, e non uno strumento di imposizione di condizioni eminentemente politiche.

*Valentina*

venerdì 20 marzo 2009

Primo incontro: CASCA IL MONDO...TUTTI GIU’ PER TERRA?

Il cibo che non sfama: scarsità o ingiustizia?
17 MARZO 2009
Relatori: Luca Colombo (Fondazione Diritti Genetici) e Valeria Sodano (Docente Università Federico II di Napoli)

Si apre oggi il ciclo di tre incontri organizzati dai gruppi romani dell’ONG Mani Tese e dell’Associazione ATTAC sullo scottante tema della “terra”.
Ci concentriamo oggi sulla terra come fattore di produzione, mentre il secondo incontro sarà dedicato all’analisi della terra cone spazio fisico sul quale si sono innestati modelli di sviluppo fallimentari, imposti dall’alto (dalla Istituzioni Finanziarie Internazionali in primis). Nel terzo incontro infine guarderemo alla terra come a un qualcosa di più complesso: terra come territorio, con particolare riferimento alle esperienze dei popoli indigeni dell’America Latina.

Nel mondo oggi circa 1/5 della popolazione mondiale (1 miliardo e 300 milioni di persone) ha un’alimentazione insufficiente o non equilibrata, e 826 milioni di persone soffrono di vera e propria fame. Nel contesto attuale della crisi economica e finanziaria internazionale e della crisi alimentare globale, che è arrivata sulla nostra tavola sotto forma di aumenti improvvisi e vertiginosi dei prezzi dei prodotti alimentari, cerchiamo di uscire dall’emergenza per capire come si è arrivati alla situazione attuale e cosa è successo all’agricoltura negli ultimi 40 anni.
Un terzo delle terre emerse sono dedicate all’utilizzo agro-pastorale, e la tendenza dell’incremento demografico è in linea con l’aumento delle rese agricole. La crisi alimentare come aumento vertiginoso dei prezzi dei prodotti alimentari è esplosa nel 2007-2008, proprio quando, secondo dati della FAO, si raggiungeva il picco di produzione dei cereali (alimento base della dieta in tutto il mondo) a livello globale. Sembra non avere senso, quindi, recuperare l’analisi malthusiana secondo cui il problema risiederebbe nella crescita demografica eccessiva e incontrollata: di cibo nel mondo ce ne sarebbe a sufficienza per tutti.
Quali sono allora le cause della crisi?
La FAO ne individua principalmente 5:
Riduzione delle scorte.
Aspettative di aumento della domanda, legate soprattutto al maggior consumo di carne nei Paesi cosiddetti emergenti, Cina e India in primis. E’ in atto un processo di convergenza dietetica, che interessa le classi medie urbane in particolare, e che ha come conseguenza la destinazione di cereali e altri prodotti agricoli anzichè all’alimentazione umana all’alimentazione animale (competizione food-feed: cibo-mangime).
Diminuzione dell’offerta (anche se abbiamo visto come questo non sia assolutamente vero nel caso dei cereali).
Biocarburanti: crescono le terre destinate alla produzione di biofuel, ottenuti dalla fermentazione di olii vegetali soprattutto.
Aumento dei costi di produzione e trasporto legati all’aumento dei prezzi del petrolio.

Eppure, per quanto questi fattori possano aver inciso sull’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, non bastano da soli a dare conto della portata del fenomeno.
Per andare più a fondo della questione occorre innazitutto porsi una domanda: come si fissano i prezzi delle materie prime agricole? Prendiamo il caso del grano: soltanto il 10% del grano prodotto nel mondo è oggetto di scambio sui mercati internazionali, ma sulla base del prezzo di questo 10% si definisce anche il prezzo del restante 90% di grano scambiato a livello locale. E ciò che è ancora più rilevante è che il prezzo di questo 10% di grano oggetto di commercio internazionale non viene fissato nei campi, attraverso l’incontro tra la domanda e l’offerta, tra l’interesse del produttore e quello del compratore, ma nelle borse merci dei Paesi del Nord del mondo. Più che di materie prime agricole, infatti, sarebbe opportuno parlare di commodities, ovvero derrate alimentari stoccabili (riducibili in scorte e conservabili almeno per un certo lasso di tempo), soggette poi ad un processo di trasformazione industriale e scambiate in borsa. E proprio nel 2007 la liquidità presente nei mercati finanziari internazionali si è riversata (per una serie di ragioni, non ultima la saturazione del mercato immobiliare, che poi sfocierà nella crisi dei mutui subprime) sulle commodities, minerarie, energetiche e anche agricole. L’aumento dei prezzi è quindi in buona parte riconducibile a speculazioni finanziarie che hanno riguardato soprattutto il mercato dei futures, contratti di acquisto di una certa quantità di una commodity e che rappresentano una sorta di assicurazione contro il rischio, di “promessa” sul prezzo futuro. Gli investitori non necessariamente entreranno in possesso della merce, essendo possibile rivendere il contratto alla scadenza dello stesso: soggetti esterni alla filiera agro-alimentare, grandi investitori soprattutto, iniettano liquidità nel sistema. Nel biennio 2007-2008 il mercato dei futures è letteralmente impazzito, il prezzo future delle commodities agricole è cresciuto in maniera esponenziale, diventando allo stesso tempo estremamente volatile e fluttuante e finendo per trascinare con sè anche il prezzo cash delle commodities stesse.
Questi meccanismi perversi di speculazione finanziaria danno conto dell’aumento dei prezzi delle commodities agricole, ma non sono di per sè sufficienti a spiegare gli aumenti ancora superiori dei prodotti alimentari, ovvero degli alimenti che tutti noi acquistiamo dalla piccola o grande distribuzione (negozi e supermercati). Dobbiamo fare uno sforzo ulteriore e porci un’altra domanda: come funziona il sistema agro-alimentare mondiale? Semplificando, possiamo dire che il sistema è dominato a monte dal potere monopolistico dei fornitori e a valle da quello monopsonistico (monopolio dei compratori) dei big buyers, i grandi compratori, e dell’industria della distribuzione. Pochi soggetti forti stabiliscono i prezzi dell’intero settore, stringendo in una morsa tanto i contadini quanto i consumatori.
Il vertice intergovernativo FAO del giugno 2008 ha individuato possibili soluzioni alla crisi:
Potenziamento della ricerca biotecnologica.
Consolidamento ulteriore del settore (che tradottto significa: ulteriore concentrazione).
Liberalizzazione ulteriore del mercato della terra e del commercio agricolo.
Aumento degli aiuti alimentari e del trasferimento di redditi in favore delle fasce più deboli di popolazione.

Tralasciando l’ultimo punto, se riteniamo valida l’interpretazione fin qui proposta le ricette della FAO raggiungeranno il solo obiettivo di acuire la crisi. Di fronte all’evidenza di un fallimento del sistema, la soluzione proposta è la radicalizzazione del sistema stesso. Crediamo invece che sia possibile proporre delle alternative, dato che è ormai chiaro che la fame è un problema di accesso al cibo, di distribuzione e controllo delle risorse, di povertà: in ultima analisi, una questione di ingiustizia, e come tale una questione politica. E’ possibile pensare a politiche che limitino la concentrazione e il potere dei “soliti noti” che impedisconono la concorrenza reale, a politiche di riforma agraria che partano dalle specificità locali. E’ possibile pensare all’agricoltura del XXI secolo in un’ottica di agroecologia, nella valorizzazione e capitalizzazione dell’ambiente e delle specifiche risorse locali.
Il cibo è un diritto umano fondamentale, il mancato accesso al cibo impedisce di fatto l’esercizio di tutti gli altri diritti: è una questione politica, intorno alla quale si “gioca” il senso stesso di concetti come partecipazione e democrazia.

*Valentina*


Prossimo incontro:
Crescita a quale costo?La finanza che non porta sviluppo
Martedi 24 Marzo, ore 17:00
“Sapienza” Università di Roma -
Dipartimento di FisicaEdicio E. Fermi , Aula 7(quarto piano)Relatori:
Marco Bersani (ATTAC Italia)
Andrea Baranes (Campagna per la riforma della Banca Mondiale/ ATTAC Italia)
Elena Gerebizza (Campagna per la riforma della Banca Mondiale)

lunedì 16 marzo 2009

CASCA IL MONDO... TUTTI GIU’ PER TERRA?

Mani Tese Roma e ATTAC Italia vi invitano a un ciclo di incontri che abbiamo organizzato presso l'Università "La Sapienza":
Nel contesto della crisi economica e finanziaria internazionale e della crisi alimentare globale, urge aprire una riflessione sul paradigma di crescita e sviluppo che ha portato alla situazione attuale.
Per farlo, ripartiamo dalla prima risorsa del pianeta: LA TERRA


Il cibo che non sfama: scarsità o ingiustizia?
Chi ingrassa con la crisi alimentare
Martedi 17 Marzo, ore 17:00
“Sapienza” Università di Roma - Dipartimento di Matematica "Guido Castelnuovo"
Aula 2 (piano terra)
Relatori:
Luca Colombo (IPC/GreenPeace-Italia/Crocevia),
Valeria Sodano (ATTAC Chianti - Val d’Elsa)


Crescita a quale costo?
La finanza che non porta sviluppo
Martedi 24 Marzo, ore 17:00
“Sapienza” Università di Roma - Dipartimento di Fisica
Edicio E. Fermi , Aula 7(quarto piano)
Relatori:
Marco Bersani (ATTAC Italia)
Andrea Baranes (Campagna per la riforma della Banca Mondiale/ ATTAC Italia)
Elena Gerebizza (Campagna per la riforma della Banca Mondiale)


Terra e Liberta’

Appartenenza e inclusione territoriale
Mercoledi’ 1 Aprile, ore 17:00
“Sapienza” Università di Roma - Dipartimento di Scienza della Sanita’ Pubblica
Edicio di Igiene, Aula A
Relatori:
Aldo Zanchetta (Fondazione Neno Zanchetta)



Scarica la locandina degli incontri

giovedì 12 marzo 2009

Ancora banchetti!

Ieri abbiamo partecipato alla prima giornata dell'iniziativa "L'Altra Domenica" alla Città dell'Altra Economia con il nostro banchetto; l'iniziativa si ripeterà ogni terza domenica del mese.

Sabato 21 marzo saremo invece alla Città dell'Utopia, in occasione del Mercato Contadino, con il nostro banchetto dove troverete come al solito abiti collezione primavera/estate, borsette, cassette/dvd, e potrete incontrare i volontari Manitesini, sempre pronti a parlarvi dell'associazione e a presentarvi le prossime iniziative! E inoltre, durante la giornata proporremo giochi e attività per tutti i bambini presenti!

Come arrivare alla Città dell'Utopia

sabato 21 febbraio 2009

Banchetto al Pigneto

Domani, domenica 22 febbraio, Mani Tese sarà presente al mercatino del Pigneto con la sua Tenda dell'usato (abbigliamento, libri e vhs), e una selezione di artigianato africano.
Vi aspettiamo!


Visualizzazione ingrandita della mappa

Aggiornamenti dal Comitato Cittadino di supporto a La Città dell'Utopia

A nome di tutti i membri del Comitato Cittadino di supporto a La Città dell'Utopia va il più sentito ringraziamento a quanti hanno promosso, diffuso e partecipato all'Assemblea Pubblica che si è tenuta lo scorso lunedì 16 febbraio presso il Municipio XI.

La Sala Consiliare del Municipio era strapiena, abbiamo contato quasi 200 persone che sono riuscite ad unirsi a noi di lunedì pomeriggio. La cosa più emozionante, oltre al numero delle persone, è stato vedere la varietà di persone che frequentano il Casale e che si è rispecchiato nella composizione dei presenti: c'erano tutte le età (dai neonati nel passeggino a quelli che gli anta li hanno superati da tanto tempo), italiani e migranti, persone che nel Casale ci sono da sempre e chi si è unito nelle ultime settimane. C'erano le associazioni che più spesso animano il Casale e quelle che negli anni hanno collaborato, le realtà del territorio municipale ma anche quelle che da altre zone di Roma sono venute per portare il loro supporto. Gli interventi dei portavoce del Servizio Civile Internazionale e del Comitato Cittadino di Supporto a La Città dell'Utopia sono stati seguiti dalle parole delle associazioni più vicine al Casale (Ruotalibera, Laboratorio 53, terra/Terra, Monte de' Cocci, Crocevia, Biriciclabile, CIR), oltre che rappresentanti del Gruppo di Acquisto Solidale, degli insegnanti dei corsi e dei volontari internazionali che lavorano al Casale. Gli interventi, tutti estremamente sentiti e spontanei, hanno restituito a tutti i presenti uno spaccato concreto e rappresentativo di quello che La Città dell'Utopia è riuscito a costruire in questi 5 anni. Un grande successo, dunque, ed un momento molto intenso.

Cogliamo quanto di positivo è emerso dalle parole del Presidente del Municipio Andrea Catarci, in particolare la volontà di recuperare, in collaborazione con altri enti le risorse, per far fronte ai lavori di restauro; ma anche la volontà di fare in modo che tali lavori non comportino la chiusura dello stabile ma anzi avvengano per fasi successive, garantendo il proseguimento delle attività del progetto. E' emersa anche la volontà che il restauro possa svolgersi attraverso modalità di autorecupero con la partecipazione diretta dei volontari nazionali e internazionali che in questi anni hanno contribuito in modo essenziale a rendere l'interno del Casale un ambiente accogliente e ospitale.
Ci rammarichiamo invece per l'assenza di tutti i componenti della giunta municipale e quasi tutti i componenti del consiglio, in un momento di incontro, alta espressione di cittadinanza attiva e partecipazione nel Municipio XI.

Ci attiveremo al più presto perché, parallelamente alla risoluzione dei problemi tecnici si dia corso anche alla richiesta della riassegnazione pluriennale: a tal fine abbiamo proposto l'apertura di un tavolo interistituzionale che veda il Servizio Civile Internazionale coinvolto direttamente nell'individuare la formula giuridico/amministrativa migliore per raggiungere questo obiettivo.

Il nostro lavoro non finisce qui. Ed il vostro supporto, fin qui preziosissimo, continuerà ad essere fondamentale.

In questa occasione emergenziale ci siamo dimostrati quanto il fare rete e coinvolgere le persone possa diventare una forza inaspettata. Facciamo in modo che le energie e le sinergie che si sono create non vadano disperse, ma diventino ulteriore valore aggiunto a questa esperienza.

Per ora un grazie sentito a tutti, ed un forte invito a continuare a partecipare e proporre, perché La Città dell'Utopia continui ad essere uno spazio vivo ed aperto!

Servizio Civile Internazionale

Il Comitato Cittadino di supporto a La Città dell'Utopia

Queste le prossime iniziative in programma alla Città dell'Utopia:

*sabato 21 febbraio, dalle 10 alle 17

Mercatino Contadino e del Baratto di San Paolo

Prodotti biologici e di artigianato, pranzo biologico, musica, laboratori e letture teatrali


*martedì 3, 10 e 17 marzo, alle 20.30

Parole e immagini oltre il conflitto. Ciclo di cineforum in collaborazione con Un ponte per...

Proiezione di documentari e testimonianze su Palestina, Kurdistan, Iraq


*lunedì 9 marzo, dalle ore 19

Sicuri ... di essere più sicuri?

Serata di conoscenza e dibattito del cosiddetto 'pacchetto sicurezza', in collaborazione con l'associazione Laboratorio 53

Proiezione del film 'Come un uomo sulla terra' di Andrea Segre

giovedì 19 febbraio 2009

L'Utopia non si cancella

Il Gruppo Mani Tese di Roma aderisce al Comitato Cittadino di supporto a La Città dell'Utopia.


Era il 2004 quando il Casale Garibaldi, edificio storico del quartiere San Paolo, lasciato da anni al degrado totale e all’abbandono, veniva assegnato al Servizio Civile Internazionale dal Municipio ROMA XI.

Oggi La Città dell’Utopia” è un luogo sociale di incontro, aggregazione e attivazione animato da gruppi eterogenei, dalle associazioni e dalle singole persone che lo condividono. Da alcuni anni il progetto promuove un mercato contadino che sostiene la filiera corta e l’agricoltura biologica; durante la settimana i cittadini offrono più di 20 corsi per altri cittadini; vengono organizzati eventi a tema e di sensibilizzazione con ospiti nazionali e internazionali; alcuni spazi del casale, come il giardino, sono curati dalle persone del quartiere.
Il Casale è questo e molto altro ancora.


Improvvisamente tutto questo rischia di essere cancellato.
Lo scorso gennaio il Municipio XI ha minacciato la chiusura della Città dell'Utopia e la sospensione di tutte le attività svolte, nel caso non si fossero trovati i soldi per il rifacimento del tetto, già in cattive condizioni nel momento dell'affidamento.

Un ultimatum inaccettabile dato che lo stesso Municipio si rifiuta di prolungare l'affidamento oltre il 2011. Solo un’assegnazione pluriennale (come quelle ottenute da vari spazi sociali nel territorio) permetterebbe allo SCI di continuare ad investire energia e risorse nel progetto, come ha fatto in questi 5 anni. Ma nessuna prospettiva viene oggi data rispetto al rinnovo della convenzione.

Il Comitato si è costituito per supportare la richiesta di un'assegnazione di lungo periodo del Casale Garibaldi allo SCI (in scadenza nel 2011) affinchè La Città dell'Utopia continui ad essere spazio di aggregazione e partecipazione attiva, per singoli cittadini ed associazioni.

Per maggiori informazioni:
ogni giovedì alle ore 19.00, Incontro del Comitato presso il Casale
LaCittàDell'Utopia.it

INCONTRO CON I VOLONTARI DELLA CAMPAGNA “MOLTO PIU’ DI UN PACCHETTO REGALO”, NATALE 2008

Persona, libro, pacchetto. Persona, libro, pacchetto.
Per tre settimane, tutti i giorni, in quarantasette librerie in tutta Italia…
Dietro ad ogni pacchetto c’è stato un volontario: circa milleottocento persone hanno scelto di esserci, si sono infilate la maglietta, hanno preso posto in trincea e hanno cominciato ad impacchettare regali. Per 400 volontari di questi milleottocento il campo di battaglia sono state 8 librerie Feltrinelli di Roma...come dirvi grazie ragazzi?

Il gruppo di Roma ha deciso di incontrare i volontari venerdì 13 febbraio, nella cornice della Città dell’Utopia, un Casale antico, dove il passato agricolo della città è presente, tra i palazzoni squadrati del quartiere S.Paolo. Uno spazio restituito alla città, che ci ha aperto le sue porte...
Sono le 17...arriveranno i volontari? Avranno voglia di rincontrarsi, di confrontarsi, di dare un seguito al loro impegno natalizio? Arriveranno? Non arriveranno?
Arrivano. Alla spicciolata, all’inizio un pò timorosi, ma arrivano. Tanti ragazzi, di terza, quarta, quinta superiore. E la crisi dei valori, il riflusso nel privato, l’apatia di cui tanto si parla? Quello che vediamo oggi è soltanto entusiasmo, voglia di mettersi in gioco, e tanta soddisfazione...ehi, c’ero anch’io! È stato possibile anche grazie a me!

Le “cuciniere” del gruppo hanno preparato qualche stuzzichino (si fa per dire...pasta fredda, sformato di patate, pizzette, tartine...nella buona tradizione manitesina se si fa una cosa, meglio farla bene no?), ce n’è per tutti gusti, onnivori e vegetariani. Si mangia, si beve, si ascolta buona musica e soprattutto si parla, si condivide, aneddoti Feltrinelleschi e progetti futuri, si chiacchiera e si costruisce. Un gruppo, un’identità.
La proiezione dei risultati, economici e non, dell’iniziativa viene accolta da un’ovazione generale: 262.902,34 euro, che al netto delle spese 54.635,08 fa 208.267, 26 euro!!!!!!!!!!!!!! Fondi che saranno detinati al finanziamento innanzitutto di tre progetti sul tema del Diritto al Cibo (Sudan, India e Nicaragua) e con i quali Mani Tese potrà continuare a finanziare i partner del Sud del Mondo.
Le persone con cui abbiamo parlato, che hanno ricevuto il nostro materiale, che hanno percepito il nostro orgoglio nel dire che sì, siamo volontari di Mani Tese, sono state più di un milione in tutta Italia.

Tra una pizzetta e una proiezione, una risata e una chiacchierata su di noi, il gruppo di Roma, il sole cala, inizia a tirare una gelida tramontana e ragazzi, non ce ne siamo accorti, ma sono le 21! Piano piano, alla spicciolata come erano arrivati ma forse più “pieni”, con dentro qualcosa in più i volontari, giovani e meno giovani, se ne vanno, e noi iniziamo a sbaraccare. Soddisfatti e felici.
Tutti noi, tutti quelli che erano qui oggi e quelli che non sono potuti venire, ma che in trincea c’erano, durante le tre settimane di fuoco nelle librerie sparse per la città, tutti noi siamo Mani Tese. Il suo cuore pulsante, le sue mani, le sue gambe.
E allora...alla prossima!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Valentina, serviziocivilista Mani Tese Roma

sabato 7 febbraio 2009

Incontro con i volontari

VENERDI’ 13 FEBBRAIO
a partire dalle ore 17.00 fino alle ore 21.00
CITTA’ DELL’UTOPIA, Via Valeriano 3F
(fermata Metro S.Paolo)

Ci sarà un incontro per condividere insieme i risultati dell’iniziativa Feltrinelli e approfondire la conoscenza del gruppo romano di Mani Tese.

Presenteremo dei video sui progetti finanziati anche grazie al vostro aiuto e sul lavoro di Mani Tese, il tutto accompagnato da un po' di musica e... siamo lieti di offrirvi un aperitivo che speriamo sarà molto gradito!

Vi aspettiamo!

Per ulteriori informazioni
06 78850336
roma@manitese.it

Valentina Puglisi
3404164862


Come arrivare alla Città dell'Utopia

giovedì 22 gennaio 2009

Prossima riunione

La prossima rinuione sarà martedì 27 gennaio alle 20:30, presso la sede di CRBM, in Via Tommaso da Celano 15.

Visita i progetti sostenuti con l'iniziativa:
India
Nicaragua
Sudan

sabato 17 gennaio 2009

Feltrinelli: risultato economico

Squillino le trombe, rullino i tamburi...
Il gruppo Mani Tese Roma annuncia ufficialmente che l'impegno, il divertimento, la fatica, l'entusiasmo che abbiamo dedicato alla raccolta fondi presso le librerie Feltrinelli della nostra città hanno avuto un risultato economico di...

59.192 euro !!!

Il dato nazionale è di 262,902 euro, a cui vanno tolte le spese: arriviamo quindi a un guadagno totale di 208.267 euro!

Grazie ancora a tutti i volontari che hanno reso possibile tutto questo!

Mi piace sottolineare che il risultato economico è quello più immediato, visibile e facile da misurare, ma poi vanno aggiunti tutti gli altri obiettivi che abbiamo cercato di raggiungere: far conoscere Mani Tese, le nostre attività, i nostri progetti nel Sud del Mondo; strappare qualche minuto allo shopping natalizio per parlare di solidarietà e giustizia; offrire una possibilità di volontariato semplice e concreta per coinvolgere nuove persone nelle nostre attività.... Speriamo di aver raggiunto anche questi obiettivi, e se volete continuare a collaborare con noi siete i benvenuti!

lunedì 12 gennaio 2009

Prossima riunione

Dopo la pausa natalizia, il gruppo Mani Tese Roma riprende le sue attività:
la prossima riunione sarà domani, martedì 13 gennaio, alle 20:30,
presso la CRBM, in Via Tommaso da Celano 15.